Ricorre il 160° anniversario de «I Fatti di Bronte», ma nessun evento risulta organizzato nella cittadina etnea. All’alba del 10 agosto 1860, ci fu l’epilogo della rivolta liberale contro i “cappelli”, con cinque presunti rivoltosi condannati e fucilati da Nino Bixio sul piazzale antistante il convento di San Vito, dove in questi giorni un gruppo di giovani brontesi è andato a deporre una corona di fiori. «La sera del 29 luglio fu grande e macabra serenata», ad opera di gruppi di giovani, sotto le «case dei borboniani», racconta lo storico Benedetto Radice. Il 2 agosto cadde la prima vittima, la guardia municipale, fra il 3 e il 4 furono uccisi 15 filoducali e un rivoltoso; 46 le case bruciate.
A Bronte, su sollecitazione del console inglese di Catania, la mattina del 6 agosto, a tumulti già sedati, arrivò Nino Bixio, che dichiarò «il paese di Bronte colpevole di lesa umanità». L’indomani Bixio scrisse: «gli insorti sono naturalmente fuggiti»; ma seguì un processo farsa preceduto dalla sua “sentenza” di condanna a morte, di cinque liberali, fra i quali contadini, un infermo di mente e il capo della fazione liberale di Bronte, l’avvocato Nicolò Lombardo. Per altri 51 brontesi si svolse un processo alla Corte d’Assise di Catania, conclusosi il 12 agosto 1863 con 37 condanne, di cui 25 ergastoli.
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