Auspici e speranze occupano il tavolo. Che più che un luogo di discussioni e di decisioni sembra essere, ancora una volta, il ritrovarsi di tanti attori a vario titolo attorno al capezzale del grande malato Etna. Le cure le cerca non la montagna in sé – misteriosa e magica come sempre – ma il sistema socio-economico e turistico che intorno vi gravita. Che è, tutto insieme, realtà, promessa e incognita di sviluppo, di crescita non solo economica ma anche, ci si augura, culturale. La platea di “Destinazione Etna” giornata di dibattiti promossa a Linguaglossa dai giovani della Confcommercio catanese – è densa di spunti, eppure, quando si tratta di andare al sodo, sembra che prevalga ancora il non detto. Specie per quel che riguarda i contorni delle zavorre che finora, il «sistema Etna», lo hanno condannato a restare solo sulla carta. Così le varie diagnosi restano riassumibili in due macro formule: manca la tanto invocata sinergia fra le realtà – istituzionali e d’impresa – che potrebbero, ma che al momento non riescono a incidere in positivo sul rilancio dell’Etna a partire dal piano turistico. Manca un tavolo istituzionale che faccia sintesi, più in concreto un «soggetto di governance» che interpreti e incida sul territorio etneo con una visione unitaria. Non lo è il Parco
dell’Etna, infiacchito da limiti di risorse, non lo è l’ex Provincia, non può esserlo da solo l’ambito dei Comuni. Gli imprenditori “candidano” la nuova super Camera di commercio, ma ancora siamo alla fase degli schizzi. Le cifre, quando chiamate in causa, raccontano di una realtà ancora all’anno zero: solamente il 5,4 % delle imprese dei venti comuni del parco attiene all’ambito, mentre l’Etna, come ricordato dal professore Saro Faraci dell’Università di Catania, non è ancora «né destinazione turistica né brand unitario A ricondurre il dibattito sulla stretta attualità, infine, ci hanno pensato i sindaci di Linguaglossa, Castiglione, Piedimonte, Randazzo, Maletto e Fiumefreddo, con Bronte assente giustificato. Arriva, infatti, a favor di telecamera la firma sul protocollo d’intesa che fa da apripista all’accordo fra i primi due Comuni – titolari della strada che conduce ai crateri da Piano Provenzana – per il partenariato pubblico- privato attraverso cui si vuole tirar fuori dal pantano economico il versante nord del vulcano. I mugugni fra i sindaci restano, con Maletto, Bronte e Randazzo che coltivano ancora l’idea di entrare nella procedura da parte attiva – non solo accontentandosi di sconti e visibilità turistica – in forza della loro competenza territoriale in alta quota. L’intesa intanto c’è e prevede che entro poche settimane venga pubblicato un avviso per la ricerca di operatori interessati a investire sul «sistema Etna-Alcantara» centrato sui due Comuni e che guardi soprattutto a investimenti sul piano di infrastrutture
e mobilità. Chi offrirà di più – la declinazione concreta sarà quella del project financing anticipata dal nostro giornale – si prenderà la gestione della pista d’alta quota per i crateri del vulcano, con l’impegno a restituire ricchezza in servizi e infrastrutture all’intero versante. «Con questa procedura vogliamo rivolgerci al mondo – ha detto il sindaco Antonio Camarda – le colpe sono di tutti, adesso è il momento di dimostrare che crediamo davvero nel territorio ». Questa è la formula su cui si punta anche per uscire dal collo di bottiglia delle distorsioni della concorrenza nel mercato turistico che persino l’Autorità Antitrust ha picconato con i suoi pareri fin dal 2016. FRANCESCO VASTA Fonte “La Sicilia” del 21-10-2017
VERSO LA SVOLTA DOPO UN’ESTATE SENZA ESCURSIONI AI CRATERI – L’estate che si è conclusa è stata la prima senza escursioni
ai crateri dell’Etna con partenza da Piano Provenzana. L’ultimo atto di una crisi che affonda nella fallita ricostruzione post eruzione del 2002 e sulla lunga querelle sulla gestione dell’accesso ai crateri. A farla deflagrare definitivamente era stato l’intervento dell’Autorità Antitrust che aveva invitato i Comuni di Linguaglossa e Castiglione a superare le distorsioni del libero mercato che sarebbero derivate dai bandi per la gestione avviati negli anni.