«Quella è una pista fantasma, è stata realizzata arbitrariamente. Siamo disposti a regolarizzarla, ma prima deve essere registrata al Catasto e, noi sindaci, dobbiamo avere la certezza che non sia utilizzata ai fini turistici». È, in sintesi, quanto scrivono Graziano Calanna di Bronte, Michele Mangione di Randazzo e Salvatore Barbagiovanni di Maletto nella lettera inviata ieri al Parco dell’Etna e per conoscenza alla Prefettura, alla Regione e alla Protezione civile, riferendosi alla pista che a 3000 metri, vicinissima al cratere centrale, collega il versante nord con quello sud dell’Etna ed esattamente Piano delle Concazze con Torre del Filosofo. La lettera è l’ultima nota di un lungo carteggio che comincia il 7 novembre scorso, quando la Prefettura si è rivolta a Bronte e Maletto richiamando la «necessità di ripristinare» la suddetta pista, negli anni scorsi ricoperta da una colata lavica. «Tale pista – si legge nella lettera della Prefettura – ha la funzione di agevolare l’accesso agli operatori della vigilanza, del soccorso e dei ricercatori dell’Ingv, per garantire la sicurezza delle persone, dei visitatori, dei ricercatori, operatori di soccorso e personale turistico». E qui i sindaci vogliono vederci chiaro. Per mesi hanno chiesto a tutti gli enti interessati se la pista era stata attraversata da bus di turisti, con il sospetto, alimentato anche dalla nota dell’8 settembre 2016, del direttore reggente del Parco dell’Etna, Tiziana Luccesi, che affermava che qualcuno aveva effettuato un intervento (presumibilmente con mezzi meccanici) per allargare il sentiero pedonale che consente l’accesso ai crateri. Di conseguenza, adesso che la Prefettura ha scritto che i Comuni oltre a dover «attivare la procedura autorizzativa presso il Parco dell’Etna», dovranno curare e pagare i lavori di ripristino della pista, vogliono capire. Per questo hanno chiesto al Parco dell’Etna la cartografia della zona e quando, sempre il direttore Luccesi, ha risposto che il Parco «non ha una propria cartografia specifica e di dettaglio dell’intera zona sommitale» e che comunque «l’accesso alle quote sommitali è regolamentato dal documento “Procedure e modalità di fruizione perla zona sommitale” che stabilisce che la pista oggetto del dibattito e utilizzata esclusivamente per motivi di servizio, studio, soccorso e protezione civile» hanno fatto delle ricerche e ieri hanno scritto al Parco e alla Prefettura: «Questa strada non compariva nella cartografia Igm del 1967. Appare invece nel 1983. Da quanto si rileva è stata verosimilmente realizzata arbitrariamente e senza autorizzazione emessa né dai Comuni, né dal Parco dell’Etna. Prendiamo atto che la pista di servizio sud-nord, così come riportata nel documento sulle “procedure di fruizione della zona sommitale”, deve essere utilizzata esclusivamente per motivi di servizio, studio, soccorso e protezione civile, si deduce quindi che viene escluso ogni uso turistico». Per questo i sindaci chiudono la lettera rivolgendosi alla Prefettura: «Si conferma la disponibilità alla regolarizzazione formale della pista, previo rilievo di dettaglio del tracciato e inserimento nei fogli catastali, ma contrariamente a quanto contenuto nella nota della Prefettura, la pista deve essere assolutamente interdetta a visitatori e personale turistico». Ovviamente con mezzi meccanici. A piedi può andarci chiunque. Fonte “La Sicilia” del 02-02-2018