Il dott. Luigi Fondacaro, urologo, da quasi 30 anni si occupa delle patologie funzionali del basso apparato urinario di pertinenza dell’uro – logia funzionale e della neuro-urologia.
Di cosa tratta l’urologia funzionale? «E’ una branca dell’urologia relativa alla diagnosi e al trattamento delle disfunzioni vescico-sfinteriche e a tre sindromi: l’incontinenza urinaria, la ritenzione cronica di urine e il dolore pelvico cronico che nascono da un deficit funzionale del basso tratto urinario o del pavimento pelvico. Le sindromi possono accompagnarsi non soltanto a deficit interessanti primitivamente il basso tratto urinario, ma anche a patologie neurologiche, ginecologiche, metaboliche, geriatriche. Da qui la natura multidisciplinare dell’urologia funzionale».
Si registrano progressi nell’inquadramento diagnostico dell’incontinenza urinaria? «Fondamentale è il primo consulto: già dal dialogo e dalla visita si traggono spunti fondamentali non solo per inquadrare il caso, ma anche per accertare altre comorbilità, definire il grado di sofferenza e le aspettative del singolo paziente, tutti elementi utili per farci intuire già la migliore soluzione al problema della “persona”. Trattando di una patologia caratterizzate da deficit funzionale della vescica o dell’uretra, la valutazione principe è l’esame urodinamico, l’unica indagine in grado di definire con precisione la natura dei disturbi, se cioè questi dipendono da iperattività vescicale o se sono da ricondurre a deficit uretrale, come l’incontinenza urinaria nelle donne dopo il parto o negli uomini dopo interventi demolitivi pelvici. In casi particolari hanno importanza anche gli strumenti diagnostici di imaging che ci guideranno nella scelta della terapia più adeguata al caso nella sua globalità, oltre che alla patologia in sé».
Quali sono le possibilità terapeutiche relative al problema incontinenza? «Abbiamo a disposizione presidi farmacologici, riabilitativi e chirurgici che, utilizzati singolarmente o in sequenza complementare, hanno aumentato in maniera esponenziale, rispetto a qualche decennio fa, i tassi di successo nella cura dell’incontinenza urinaria. I farmaci parasimpaticolitici (inibitori del sistema nervoso parasimpatico) vengono impiegati nella terapia dell’incontinenza da iperattività vescicale, mentre la terapia riabilitativa della muscolatura pelvica trova indicazione sia nell’iperattività vescicale sia nei deficit uretrali. La terapia chirurgica ha fatto passi da gigante: è ormai consolidato l’uso delle benderelle con chirurgia mininvasiva nella terapia dell’incontinenza urinaria da sforzo nella donna, così come pure è aumentata la possibilità dell’utilizzo di protesi sfinteriche per la terapia chirurgica dell’incontinenza urinaria da sforzo nell’uomo, dopo interventi demolitivi pelvici». «Esemplificativo dei progressi compiuti in questo campo è il caso della neuromodulazione sacrale, intervento che consiste nell’impianto nella regione glutea di un vero e proprio pace maker connesso ad un elettrodo posizionato nel forame sacrale: è un intervento che si svolge in 2 tempi oggi eseguibili in anestesia locale e che trova indicazione in alcune forme di incontinenza o di ritenzione, sia urinaria che fecale, dovute a incorrette reciproche informazioni nervose periferiche tra vescica (o retto) e pavimento pelvico. E’ una forma di terapia in continua evoluzione tecnologica, la cui ultima tappa è rappresentata oggi dall’im – pianto di elettrodi compatibili con l’esecuzione di Rmn prima controindicate; a questo riguardo siamo tra i primi operatori in Italia ad impiegare l’inno – vativo presidio».
Quanto è diffuso il problema dell’incontinenza urinaria? «Più di quanto si immagini. Il problema è sottostimato sia perché non tutte le persone cercano aiuto per pudore o in conseguenza dell’errata convinzione dell’ineluttabilità della condizione o della sua impossibile soluzione. Da studi epidemiologici recenti si stima che, complessivamente in Italia, il problema riguardi il 7% della popolazione globale e il 15% della popolazione femminile con picchi fino al 35% dopo la menopausa. L’impatto economico è notevole: tra costi diretti e indiretti la sola incontinenza femminile impatta per circa 3,3 miliardi di euro/anno, la gran parte spesi dal Servizio sanitario nazionale per pannoloni. Questi dati, la peculiarità della disciplina e la sua completezza, sia diagnostica che terapeutica, hanno fatto sorgere nella penisola diverse Unità operative complesse e a valenza dipartimentale di urologia funzionale. La mancanza di tali strutture nel Sud Italia è probabilmente la conseguenza di una carente informazione da parte di noi cultori ed esperti della materia, di cui è arrivato il momento di farci carico». Maria Pia Risa Fonte “La Sicilia” del 21-08-2020
Nella foto: impianto di neuromodulatore sacrale connesso a elettrodo inserito nel terzo forame sacrale di sinistra