Dall’avv. Carmelo Galati, legale di Padre Enzo Calà Impirotta ( l’arciprete di Randazzo condannato a 4 anni di reclusione per tentata violenza sessuale), riceviamo e pubblichiamo.
“Al fine di evitare che interpretazioni più o meno attendibili si sostituiscano alla verità processuale, mi preme far conoscere quanto contenuto negli atti che costituiscono il materiale su cui si è basata la sentenza di condanna di padre Enzo affinché ciascuno possa formarsi un proprio convincimento senza alcuna suggestione esterna. I fatti dai quali si parla si sarebbero svolti tra il luglio del 2004 e l’aprile del 2005, allorché il ragazzo che accusa aveva 17 anni. Nonostante la asserita gravità dei fatti, ritenuta dall’accusa, il giovane continua a frequentare la parrocchia per altri due anni senza che alcuno si accorga di nulla e si sappia alcunché. Solo del febbraio del 2009, a cinque anni di distanza dei fatti viene presentata una querela in Procura. Oltre i familiari del giovane dal commissariato di Adrano vengono sentiti solo tre testimoni, i quali dichiarano di aver saputo in maniere confusa e generica dalla parte offesa i fatti, ma a loro volta di non aver mai sospettato di padre Enzo. Nel maggio 2010, padre Enzo presenta un circostanziato esposto alla Procura nel quale indica specificatamente tutte le circostanze che dimostrano come le accuse mosse a suo carico siano non solo non provate ma smentite una per una dai fatti e da testimonianze. Anzi, nello scritto, si producevano sconcertanti circostanze che delineavano un quadro tutt’affatto diverso della vicenda dal quale ben si sarebbe dovuto avere più di un sospetto sulla credibilità della parte offesa. Naturalmente pur nel rispetto che è dovuto alle sentenze dello Stato Italiano, l’aver ritenuto che l’unico elemento su cui dovesse essere fondato il giudizio di condanna non potesse che essere la credibilità intrinseca della presunta parte offesa, lascia piuttosto perplessi sull’intera vicenda che come è evidente merita un’approfondito esame in sede di appello al fine di verificare la prospettazione accusatoria confrontandolo con quella difensiva. In definitiva, padre Enzo ha sempre proclamato la sua innocenza sin dal primo momento ma la hanno dichiarata oltre ogni ragionevole dubbio anche tutti i testimoni che egli ha indicato e che sono stati sentiti in sede di indagine difensive agli atti non vi è una sola prova che proclami un comportamento, un atteggiamento che possa contestarsi in sede penale a padre Enzo. Siamo fiduciosi che la verità presto sarà stabilita e possa essere ridata dignità alla comunità di Randazzo e al suo parroco>>.
FONTE “La Sicilia” del 11-07-2014