I parchi dovrebbero essere volano di sviluppo economico e di lavoro. A mo’ di esempio ne cito qualcuno: Parco Nazionale Foreste Casentinesi (Emilia Romagna), Parco Nazionale del Vesuvio (Campania), Parco Nazionale del Gran Paradiso (Valle D’Aosta), Parco Nazionale dei Monti Sibillini (Marche). Invece il Parco dell’Etna serve a rendere la vita difficile ai cittadini. Cito l’ultimo mio caso a Bronte: in contrada Difesa ho una casa a cui bisognava cambiare, perché vetusta, due travi del tetto. Chiedo telefonicamente a un funzionario del Parco se posso mandare una foto della casa prima dei lavori e un’altra dopo i lavori. Risposta: «Lei mi sta facendo perdere tempo. Se vuole spiegazioni venga mercoledì qui (a Nicolosi) e le darò tutti i chiarimenti che vuole». Il mercoledì la pratica non si trova. Sono stati necessari circa 5 mesi e ben 9 documenti (allego l’elenco) per poter completare i lavori col rischio, nel frattempo, che crollasse il tetto addosso agli occupanti. Da notare che la Guardia di Forestale, qui a Bronte, è molto vigile: ammonisce il giorno dopo chi pianta un chiodo fuori posto. Per quel che mi risulta non è stato piantato un albero né fatto alcunché per ripopolare il Parco con la fauna propria del luogo. Una cosa, però, l’hanno saputa fare, e anche bene: riempire il Parco dell’Etna con i cartelli: “Qui la natura è protetta” (da qualsiasi sviluppo, aggiungerei io). Sono certo che pochi dipendenti, uno specialista in scienze forestali e la Guardia Forestale (rafforzata) amministrerebbero come si deve, anzi, trasformerebbero il Parco dell’ Etna in quello che dovrebbe essere: volano di sviluppo economico e di lavoro. All’assessore, chiedo di fare un’ indagine segreta, per sapere se sono solo io a lamentarmi oppure è un sentimento comune. Se richiesto, posso inviare un opuscolo in cui sono elencati 20 Parchi italiani e descritte le loro meraviglie.
Aurelio Sammartino
Tratta da “La Sicilia” del 02-10-2014