Continuano le arringhe difensive del processo – stralcio abbreviato – frutto dell’inchiesta Terra Bruciata che l’anno scorso ha inferto un colpo durissimo alla famiglia mafiosa dei Sangani, che a Randazzo detengono il marchio dei Laudani di Catania. L’indagine dei carabinieri fotografò un contesto dove la mafia con violenza e prevaricazione riusciva ad accumulare soldi e potere. Una mafia vecchio stampo che si alimenta con il terrore e l’intimidazione. Il troncone abbreviato è già quindi alle battute finali. Già nei mesi scorsi il pm presentò le richieste di pena nei confronti degli imputati. Richieste pesanti considerando che c’è lo sconto di un terzo previsto per il rito alternativo. Venti sono gli anni chiesti a carico di Samuele Portale, 16 per Marco Portale, 20 per Pietro Pagano, 16 per Fabrizio Rosta, 14 per Fabrizio Gullotto, 14 per Salvatore Bonfiglio, 14 per Giuseppe Sciavarrello, 14 per Cristian Cantali, 6 infine per Antonino Lupica Tonno. Nella requisitoria il sostituto procuratore ha evidenziato che l’inchiesta prese avvio dall’attentato (fallito) ai danni di Antonino Costanzo Zammataro avvenuto a luglio 2018. L’agguato sarebbe stato organizzato per fermare la sua attività di spaccio autonoma rispetto ai Sangani, che si ritenevano monopolisti tra le campagne randazzesi.
La vittima non rivela molto ai carabinieri. Addirittura si rifiuta di sottoscrivere il verbale. Zammataro ha paura. E le intercettazioni sono esplicite. Il pm cita le parole di Samuele Portale: «L’ho aspettato là davanti alla macelleria, che usciva. Gli ho detto: prendo un crocco (gancio a uncino, ndr) gli ho detto, sai quello della macelleria e te lo infilo da qui e te lo faccio uscire da qui sopra, carabiniere e sbirro che non sei altro». Il magistrato reputa queste parole un «esplicito invito a cucirsi la bocca». Portale quindi contatta la vittima per «costringerlo all’omertà». Da qui quindi parte l’inchiesta che «riscontra l’operatività dei Sangani» a Randazzo. Anche se alla fine gli investigatori riescono a contestare un solo episodio estorsivo. Ma il pm evidenzia come le «conversazioni attestino una varietà di estorsioni» che dimostra «la presenza radicata del gruppo mafioso sul territorio». Laura Distefano Fonte “La Sicilia” del 18-11-2023