Non si fermano gli atti vandalici nel territorio del Parco dell’Etna, dovuti sicuramente a gente che non capisce l’importanza delle aree protette e dei rifugi in particolare. Le ultime segnalazioni giungono per il rifugio di Monte Scavo. Quest’ultimo si trova in territorio di Maletto, sulla pista altomontana nota anche come sentiero 701 del Cai, a una altitudine di 1740 sul livello del mare. Già in passato, alcuni atti vandalici e la presenza di rifiuti dentro al rifugio, ma oggi, oltre alla segnalazione di due sacchi di spazzatura lasciati dietro la porta d’ingresso, viene segnalata anche la rottura di una parte della panca che si trova attorno al grande tavolo in legno posto al centro del rifugio, e la mancanza delle ante di una dispensa, posta in un muro del rifugio. Sicuramente, sia i pezzi della panca, che le ante, sono state utilizzate per accendere il camino presente nel rifugio. Nonostante la presenza all’esterno di cumuli di legna, è possibile che gente inesperta non sia riuscita ad accendere il fuoco con la legna umida. Questo fa pensare che chi ha commesso questi atti vandalici non è un amante della natura, sia per il gesto commesso, sia per i danni al rifugio. Addirittura, fino a qualche anno fa, nella dispensa rotta si trovava sempre qualcosa da mangiare, come scatolame, pasta, olio, lasciati dagli escursionisti che bivaccavano nel rifugio.
Negli anni passati, spesso salivano le squadre antincendio della Forestale a pulire i rifugi, ma negli ultimi anni non ha provveduto più nessuno, se non saltuariamente l’azienda Forestale. Anche i controlli non sono più intensi come negli anni precedenti, ad occuparsene dovrebbe essere il Distaccamento Forestale di Bronte, rimasto con tre sole unità a fronte di migliaia di ettari di territorio a loro assegnato. Da tempo si parla del concorso regionale per il corpo Forestale, ma oltre a non essere ancora pubblicato in Gazzetta, ci vorrà tempo per giungere alla conclusione dell’iter, e coi numeri previsti (80 agenti), cambierebbe poco o nulla rispetto alla situazione attuale. Ora più che mai servirebbe una inversione di tendenza, magari coinvolgendo i Comuni, le associazioni naturalistiche e soprattutto l’ente Parco dell’Etna. LUIGI SAITTA Fonte “La Sicilia” del 09-02-2021