Arrivano le motivazioni dello scioglimento del Comune di Maniace, scritte in una relazione di 60 pagine del prefetto di Catania, incaricato prima di inviare una apposita commissione di indagine ad ottobre 2019, e poi di provvedere allo scioglimento. Una lunga relazione, che riporta fatti precisi, spesso molto dettagliati, e che fanno considerare come a volte le istituzioni vengano usate per meri interessi personali. Dalla relazione si evince chiaramente come il comportamento di almeno due componenti della Giunta, non sia stato perfetto. Parla anche delle loro parentele, e collusioni con elementi di spicco della criminalità locale, facente riferimento al clan Santapaola – Ercolano. Riportando alla lettera come tutto sia iniziato con l’inchiesta “Nebrodi”, avvenuta a seguito dell’attentato a Giuseppe Antoci, allora presidente del Parco dei Nebrodi, che grazie al suo protocollo ha messo un freno alle truffe contro l’Unione Europea, con gli affidamenti di terreni e i contributi Agea. A Maniace, sotto la regia delle famiglie dei Batanesi, dei Bontempo Scavo e dei Conti Taguali, questa pratica è stata usata e nel corso dell’inchiesta sono venuti fuori vari casi di estorsioni o minacce per avere in affitto i terreni, spesso con prestanome proprio per aggirare il protocollo Antoci, che ha voluto il certificato antimafia anche negli affidamenti sotto ai 150 mila euro.
L’indagine della Commissione ha interessato gli anni dal 2015 al 2019, mettendo sotto la lente il comportamento dell’Amministrazione, dei dirigenti e dei dipendenti. Per quanto riguarda la Giunta comunale, la relazione descrive un rinvio a giudizio per uno degli assessori per truffa, associazione a delinquere e altri reati, e parentele scomode invece per un altro assessore, cognata di un esponente malavitoso legato a Montagno Bozzone, la cui moglie ha pure battezzato la figlia. Inoltre, negli anni passati, a seguito di indagini è stato appurato un coinvolgimento di esponenti malavitosi in sede di elezioni, proprio per mettere persone a loro vicine nei posti chiave della Giunta. In seno al Consiglio, oltre a componenti che da anni fanno parte dell’assise civica, anche se con incarichi diversi, si sottolineano le relazioni di parentela proprio con le famiglie Montagno Bozzone e Conti Taguali, con particolare riferimento ad alcuni nomi al momento coperti da segreto istruttorio. Identiche le conclusioni anche per la parte relativa ai dipendenti. Gravi le conclusioni per la Polizia locale, in parte giustificate dal numero di agenti (3 compreso il comandante in carica dal 1985), e da carenza di mezzi, che non ha assolto i compiti previsti dalle leggi, tra cui vigilanza del territorio, lotta all’abusivismo edilizio e commerciale, controlli sul rispetto del codice della strada. La relazione ha evidenziato l’assenza di attività connesse al codice della strada, e per l’abusivismo edilizio, tranne nei casi in cui sono stati citati dall’A. G. o da controlli del Corpo Forestale.
Negli appalti e servizi, la Commissione ha evidenziato l’assegnazione di appalti ad una cerchia ristretta di ditte, spesso con affidamento diretto e con un regime di oligopolio, infrangendo tutte le regole per l’assegnazione, per l’economia dell’Ente e per il rispetto della concorrenza. Stessa cosa per la concessione di sovvenzioni e contributi, con parenti degli amministratori spesso beneficiari. Infine il capitolo rifiuti e antimafia, con le conclusioni più gravi. In primis la concessione di appalti a ditte interdette, con il risultato che il Comune non ha mai chiesto notizie alla Banca Nazionale Dati antimafia. Con due appalti passati sotto la lente. Due gare assegnate con procedure poco limpide e un episodio sotto la lente avvenuto nel passaggio da una ditta all’altra. In questo frangente, due dipendenti sono stati demansionati da capo squadra ad operatori. Uno degli assessori, parente di uno dei due ha chiesto di votare una delibera per ridargli la qualifica. Quando si è visto negare la delibera, secondo uno dei testimoni, ha accartocciato le carte che aveva in mano e mollato un ceffone al sindaco, per poi fare pace qualche minuto dopo. Al testimone, poi, quando ha detto ad una collega che avrebbe riferito tutto alla commissione, è stato «consigliato di lasciar perdere, perché gli avrebbero bruciato l’auto». Fatti gravi, con una relazione che oltre a quanto scritto, presenta molte altre descrizioni. LUIGI SAITTA Fonte “La Sicilia” del 09-07-2020