Una petizione popolare con raccolta firme, è stata avviata dal comitato cittadino di Maniace contro la privatizzazione dell’acqua, che dovrebbe passare, come previsto dalla legge, con l’Ati (Ambito Territoriale Idrico). In molti si sono attivati per impedire il passaggio, con lettere inviate ai commissari prefettizi e incontri diretti. Anche mons. Nunzio Galati ha scritto una missiva ai commissari, chiedendo di sospendere l’eventuale passaggio e di rimandare la decisione ai futuri amministratori, scelti dal popolo. Il comitato cittadini, nella sua breve missiva, oltre a ribadire il blocco, chiede anche che ciò avvenga secondo il Dlgs. 152/2006, all’articolo 147 comma 2 bis, che prevede che possano rimanere fuori dagli ambiti, i Comuni che sono riforniti da sorgenti particolarmente pregiate e soprattutto inserite in parchi naturali. Ma il problema acqua a Maniace è più complesso di quanto si creda. Infatti, è vero che molti dei lavori svolti sono dovuti alla caparbietà dei cittadini, che nel corso degli anni hanno fatto enormi sacrifici per costruire l’acquedotto e le vasche di rilancio site in via San Pietro e in contrada Cavallaro. Ma è anche vero, che da anni la rete idrica non viene rifatta e necessiterebbe di importanti e costosi lavori che un piccolo Comune non potrebbe facilmente fare.
«L’acqua è un bene primario –dice il dott. Enrico Galeani, uno dei tre commissari – e oltre a ciò, la legge ci impone di aderire agli Ati, che non sono delle società private, ma pubbliche. Se aderiamo, il prossimo sindaco di Maniace sarà nel Consiglio di gestione dell’Ati e potrà influire sulle scelte. Inoltre, a Maniace da due anni non si effettua la lettura dei contatori, con un danno erariale per l’Ente, oltre ai molti allacci abusivi ed una rete sicuramente da rifare. L’ingresso nell’Ati è l’unica soluzione attuabile per migliorare il servizio. È inconcepibile che un paese sui Nebrodi, in estate, soffra di penuria d’acqua». In effetti l’acqua a Maniace è fornita da ben tre sorgenti, Biviere, Schicci e Mastro Miceli, ma purtroppo, per le molte perdite di una rete colabrodo, in estate varie zone restano senza acqua. Inoltre, i costi del servizio, tra cui l’energia elettrica per le pompe, che per legge dovrebbero essere coperti dagli utenti, in gran parte sono stati finora a carico del Comune. LUIGI SAITTA Fonte “La Sicilia” del 16-04-2021