CALTANISSETTA. Avrebbero ottenuto 16 pascoli mediante la presentazione di offerte segrete con aumento minimo rispetto a quelle fissate a base d’asta dall’Azienda Silvo Pastorale di Troina. Le offerte in parola erano state eseguite generalmente in aumento di un solo euro, indice che le offerte segrete non erano – ritengono gli inquirenti – ma concordate e pianificate, vanificando i meccanismi di regolare concorrenza del mercato, con corrispondente danno per l’ente pubblico concedente. Sono 15 le persone coinvolte nell’operazione della Guardia di Finanza di Enna e Nicosia raggiunte da provvedimenti cautelari emessi dal gip di Caltanissetta, su richiesta del procuratore Amedeo Bertone e dei sostituti Pasquale Pacifico e Claudia Pasciuti. Agli indagati vengono contestati i reati di turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa e abuso d’ufficio. Nella vicenda, risalente al 2015, un ruolo di primo piano avrebbe svolto Cosa Nostra, che da anni controlla i pascoli nella zona del Parco di Nebrodi. In carcere sono finiti i fratelli Sebastiano Foti Belligambi, 48 anni, Giuseppe Foti Belligambi, 46, di San Teodoro, Federica Pruiti, 40, di Bronte, Vita Cavallaro, 38, di Bronte, Anna Maria Di Marco, 41, di San Teodoro, Giovanni Foti Belligambi, 24, di Bronte, Angioletta Triscari Giacucco, 41, di Cesarò. Arresti domiciliari per Salvatore Armeli Iapichino, 52 anni, Sebastiana Bevacqua, 59, Giuseppe Lupica Infirri, 64, tutti di Tortorici, Maria Cantali, 59, di Catania, Santo Coma, 39, di Bronte, Salvatore Lupica Infirri, 38, di Sant’Agata di Militello, Silvestra Caldararo, 73, di San Teodoro. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Antonio Consoli, 44 anni, di Catania, presidente pro tempore dell’azienda Silvo Pastorale di Troina, intimidito e minacciato, secondo l’ac – cusa. È una delle prime operazioni scattate contro la mafia rurale dei Nebrodi dopo l’entrata in vigore del “proto – collo Antoci”, che prevede la stipula di contratti con gare pubbliche e la certificazione antimafia. Per superare la nuova procedura, molto richieste sarebbero state presentate dalle donne delle famiglie. Quando alcuni allevatori “fuori” dal cartello mafioso – hanno ricordato gli inquirenti – presentarono offerta per avere i terreni, ci fu una “rivolta” a Troina e intervennero i carabinieri per riportare l’ordine. A. A. Fonte “La Sicilia” del 20-11-2018
OGNI 20 EURO SPESI NEI TERRENI RICAVATI 1500 EURO DI CONTRIBUTI
CALTANISSETTA. Con un “investimento” di appena 20 euro per ogni ettaro di terreno da destinare a pascolo, sarebbero riusciti a ricavare 1.500 euro di contributi. Ecco il grande business della “mafia dei pascoli”dei Nebrodi, quella che cercò di uccidere l’ex presidente del Parco, Giuseppe Antoci. Fu proprio Antoci a introdurre il protocollo che prevede la presentazione del certificato antimafia anche per quegli appalti di valore inferiore a 150mila euro. L’operazione “Nebros II” scattata la scorsa notte, ha accertato che le famiglie mafiose di Tortorici, Bronte, Cesarò e San Teodoro, hanno monopolizzato le procedure negoziali, con la connivenza del direttore pro tempore dell’azienda Silvo Pastorale, consentendo alla cosche criminali una illecita percezione di contributi per quasi 4milioni di euro. «Cifre arrivate nelle casse delle famiglie senza rischi, ma solo con la forza intimidatrice» – ha detto il procuratore Amedeo Bertone in conferenza stampa. Un sistema collaudato che adesso lo Stato sta cercando di stroncare. «Per le cosche i guadagni finora sono stati considerevoli con le assegnazioni dei pascoli – ha aggiunto il comandante della Guardia di Finanza di Enna, il col. Giuseppe Licari – E c’è anche la possibilità di incassare di più dagli affidamenti degli appezzamenti di terreno». «L’operazione della Guardia di Finanza di Enna è un ottimo segnale di prosecuzione nel ripristino della legalità sul fronte della lotta alla mafia dei terreni» – ha dichiarato Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, sfuggito nel maggio 2016 ad un agguato mafioso. Tre degli arrestati dalle Fiamme Gialle erano già indagati per l’attentato contro Antoci. La Corte dei Conti ha già emesso centinaia di sentenze in cui si condannano esponenti mafiosi a restituire quanto ottenuto dai fondi comunitari destinati all’agricoltura. Intanto il sindaco di Troina, Fabio Venezia, anche lui vittima di minacce da parte della mafia dei pascoli, ha annunciato che il Comune si costituirà parte civile al processo e continua l’impegno «con grande fatica per liberare i propri terreni demaniali dall’oppressione mafiosa». Ma serve un cambio di passo: l’inchiesta di ieri ha dimostrato che anche dopo il “protocollo Antoci” c’era chi continuava a fare favori alle cosche. Alessandro Anzalone Fonte “La Sicilia” del 20-11-2018