Muoiono circa 15 capi di bovini sui Nebrodi, ed uno sull’Etna, e dagli esami effettuati su 3 di essi da parte dal Servizio veterinario dell’Asl sono deceduti perché affetti dal Carbonchio ematico. Si tratta di una patologia causata dal batterio “Bacillus anthracis”, un germe produttore di spore che possono sopravvivere a lungo nell’ambiente. Colpisce soprattutto gli animali erbivori, ma può interessare anche l’uomo, anche se il Servizio Veterinario del Distretto di Bronte, sente il dovere di tranquillizzare tutti. I casi negli animali, infatti, sarebbero già isolati e sono stati già vaccinati quasi 8000 capi di bestiame. Ed oggi il sindaco di Bronte, Graziano Calanna, ha convocato una conferenza di servizio invitando i colleghi di Maletto, Maniace e Randazzo, Cesarò, San Teodoro e Santa Domenica Vittoria. A relazionare sul batterio e sulla sua diffusione è stato il dott. Antonio Salina del Dipartimento veterinario dell’Asp 3, alla presenza del dott. Francesco Del Campo, responsabile del Servizio di Igiene pubblica del Distretto di Bronte dell’Asp e del dott. Giuseppe Galvagno, responsabile, invece, di quello veterinario. Presenti al vertice anche il presidente del Consilgio comunale, Nino Galati, l’Arma dei carabinieri, la Guardia forestale e la Polizia municipale di Bronte. “Siamo qui per affrontare il problema ed evitare che diventi emergenza – ha affermato in apertura il sindaco padrone di casa, Graziano Calanna – l’obbiettivo è anche fornire ai cittadini la giusta informazione affinché, evitando inutili allarmismi, si blocchi il proliferare del batterio e si eviti ogni possibile contagio con l’uomo”. Come ha spiegato il dott. Salina, infatti, anche se molto difficile il contagio con l’uomo può avvenire nella forma cutanea solo se si tocca un animale morto di carbonchio o si ha contatto con le spore del batterio che possono trovarsi nelle strette vicinanze. La forma ematica, invece, è molto difficile, poiché avviene con il contatto delle proprie ferite con quelle degli animali. A rischio quindi maggiormente sono gli allevatori ed i veterinari. E’ praticamente impossibile, invece, che qualche sconsiderato venda nelle macellerie carni infette. La carne dell’animale contagiato, come anche il sangue, diventano, infatti, neri e quindi facilmente riconoscibili. “Abbiamo avuto prova della presenza del carbonchio ematico il 28 settembre – ha affermato il dott. Salina – ed in pochi giorni, superando 1000 difficoltà, siamo riusciti a far arrivare i vaccini dalla Spagna”. “Abbiamo – ha aggiunto il dott. Del Campo – anche informato i medici di medicina generale ed i pediatri. Ricordiamo che nella forma cutanea si presenta con un grosso gonfiore nelle zone di contatto, che solitamente sono le mani”. La cosa strana è che l’Asp di Catania effettua in continuazione le opportune vaccinazioni. Il sospetto quindi è che a morire siano stati capi provenienti da transumanze. Le precauzioni che l’uomo deve adottare sono principalmente due. Se nel bosco si nota un bovino morto è bene non avvicinarsi, ne raccogliere i frutti del sottobosco. Bisogna chiamare subito l’Asp che attraverso i Comuni farà interrare la carcassa cosparsa di calce a 4 metri di profondità. Questo impedirà il proliferare del batterio. L’altro accorgimento è quello di evitare di calpestare il terreno potenzialmente infetto. Si eviterebbe così di trasportarlo in zone non contaminate. Per questo adesso i sindaci apporranno nelle strade di accesso dei boschi opportuni cartelli. A Distanza di 21 giorni dall’ultimo capo di bestiame deceduto l’infezione potrà essere dichiarata sconfitta. Non è la prima volta che scoppia nella zona un’epidemia di carbonchio ematico. L’ultima si è verificata nell’ottobre del 2005, ma focolai scoppiarono anche alla fine degli anni 90 e negli anni 80.