Sono iniziati ieri mattina i primi interrogatori di garanzia nel carcere di piazza Lanza, a Catania, a carico dei 14 arrestati dell’operazione antimafia «Santabarbara», condotta dai carabinieri di Randazzo con il coordinamento della Procura di Catania. Ciò mentre emergono nuovi inquietanti particolari dalle intercettazioni ambientali e telefoniche annotate nelle 400 pagine dell’ordinanza. In riferimento alle attività propedeutiche alle richieste estorsive e ai danneggiamenti alle aziende vitivinicole nel mirino del clan, risultano significativi alcuni passaggi di un’intercettazione ambientale, in casa di Vincenzo Lomonaco (referente di spicco del gruppo malavitoso Brunetto), nella quale quest’ultimo raccomanda ad un proprio “collaboratore” alcune cautele da adottare nell’esecuzione della rappresaglia alla vittima di turno, concordando già le parole convenzionali da utilizzare durante il loro contatto telefonico: «La benzina miscelatela voi – suggerisce Lomonaco – la dovete mettere in un bidone… ci metti l’olio, la nafta e gli date fuoco…». Poi Lomonaco, riguardo l’utilizzo del linguaggio convenzionale, istruisce un soggetto ad essere prudente: «Io vi dico: il cavallo lo voglio fatto per domani mattino». E l’interlocutore risponde: «Allora se io ti dico: mi sto andando a coricare, significa tutto a postissimo, hai capito? ». Ieri intanto, anche le associazioni antiracket Asaec “Libero Grassi” e Asia hanno rivolto un plauso alle forze dell’ordine. In una nota, anzi, il presidente dell’Asia, Salvatore Campo, ha affermato: «Negli ultimi cinque anni, nelle campagne, accanto alla pratica del “pizzo”, si verificano atti intimidatori e danni dolosi devastanti sempre più pervasivi che hanno lo scopo di convincere l’imprenditore a cedere l’azienda ad un prezzo stracciato o a toglierla del tutto dal mercato. Attività, queste, con finalità estorsive indirette che sono l’espressione di una reale finalità estorsiva. L’Asia offre volontariamente alle vittime la propria esperienza per quei casi di danneggiamenti dolosi che possono essere equiparati ad atti intimidatori con finalità estorsive ed accedere, pertanto, ai benefici previsti dalle normative antiracket». Intanto, in merito alle notizie diffuse ieri in conferenza stampa dalle forze dell’ordine, Ettore Vagliasindi, titolare dell’Azienda Vagliasindi, ha inviato una nota in cui precisa di «essere estraneo ai fatti, che riguardano altra azienda della zona anch’essa denominata Vagliasindi». Mentre Diego Planeta, che niente ha a che vedere con i Benanti, loro estranei ai fatti, ribadisce di «avere immediatamente denunciato l’unico tentativo di intimidazione subìto due anni fa».
Mario Previtera Fonte “La Sicilia” del 01-05-2015