Un gruppo criminale agguerrito, spietato e che sin dagli anni ’90 ha mantenuto il monopolio nella gestione e nella spartizione delle attività illecite dell’area jonica etnea. Droga ed estorsioni il loro pane quotidiano. Una cosca, quella dei Brunetto – dal cognome dello storico boss defunto Paolo Brunetto che l’ha governato per lunghi anni – legata al clan Santapaola-Ercolano. L’operazione dei carabinieri di Randazzo, denominata “Santabarbara”, per la prima volta ha fatto piena luce sulle nuove dinamiche del gruppo criminale dopo la morte, nel giugno del 2013, dello storico capo Paolo Brunetto e il passaggio delle consegne al giarrese Carmelo Pietro Oliveri, 48 anni, noto ai più come “Carmeluccio”. Numerose le intercettazioni che comprovano – secondo la Procura – la presenza di un nuovo reggente della cosca. In una conversazione del 12 giugno 2013 tra Vincenzo e Alessandro Lomonaco, intercettata dai carabinieri, l’improvvisa morte del reggente storico del gruppo criminale fiumefreddese creava tra gli associati preoccupazione e faceva percepire anche un senso si smarrimento. Ma, nel contempo, l’infausto avvenimento permetteva agli investigatori di comprendere che lo scettro del comando era di fatto passato a Carmelo Oliveri. Le indagini, avviate alla fine del 2012, sono state subito indirizzate sul gruppo criminale “Brunetto”. E nell’ambito dell’attività di ascolto, questa volta i carabinieri di Giarre hanno persino interrotto un summit mafioso all’interno di una stalla, nel cortile “pizzulaceddu” di Vico Costanzo, nel cuore del centro storico giarrese. Il blitz è scattato la mattina del 5 aprile 2013, durante il quale i carabinieri hanno annotato la presenza di alcune persone, tra cui, per l’appunto, il referente del clan Brunetto a Castiglione di Sicilia, Vincenzo Lomonaco, in quell’occasione arrestato poiché sottoposto alla misura della sorveglianza speciale. Secondo i carabinieri, in quel vertice si stavano delineando strategie criminali. Numerose le reazioni e gli apprezzanti rivolti a magistratura e carabinieri per l’operazione messa a segno ieri. «Siamo vicini ai produttori di vino e li invitiamo a denunciare – ha detto l’assessore regionale all’Agricoltura, Nino Caleca, commentando il blitz – l’assessorato è vicino agli imprenditori delle cantine della zona e ribadisce tutto il suo appoggio». La Coldiretti, in una nota, sottolinea come «l’agricoltura siciliana si riveli ancora un obiettivo dell’attività mafiosa». «L’azione delle forze dell’ordine di contrasto alle consorterie malavitose – aggiunge Basilio Catanoso, componente della Commissione Agricoltura della Camera – non può che dare fiducia ad aziende e produttori che si scommettono per il futuro della nostra Isola». «Un’operazione – osserva il sindaco di Catania, Enzo Bianco – di grande importanza per il nostro territorio perché l’economia mafiosa uccide lo sviluppo». «Il risultato dell’operazione, che ha smantellato una ramificata rete criminale – conclude il presidente di Confagricoltura Catania Giovanni Selvaggi – dimostra, una volta di più, il grande impegno delle forze dell’ordine nella lotta alle estorsioni».
Mario Previtera Fonte “La Sicilia” del 30-04-2015