Dopo l’annuncio da parte delle associazioni ambientaliste Lipu, Wwf, Cai, Ente Fauna Siciliana, Legambiente Catania, e le associazioni di guide Assoguide, Lagap e Federescursionismo per informare che il Parco dell’Etna ha ritirato in autotutela l’autorizzazione per l’ingresso motorizzato in Zona A per fini turistici rilasciata ai Comuni di Bronte e Maletto, arrivano le spiegazioni del presidente dell’area protetta, Carlo Caputo: «Ritengo giusto che le comunità locali che formano il Parco siano protagoniste della pianificazione delle attività nel Parco. È importante, infatti, che tutti possano dire la propria sul vulcano e sia consentito loro attivare dei servizi». Poi sul ritiro delle autorizzazioni spiega: «Le associazioni ambientaliste e il dipartimento Scienze naturali hanno denunciato un danno ambientale dovuto a due mezzi motorizzati che accompagnano massimo 120 persone al giorno. Su quelle piste transitano quotidianamente decine di auto e un numero incontrollato di persone. Faccio mie le osservazioni degli ambientalisti e in accordo con i Comuni di Bronte e Maletto si è deciso di ritirare l’autorizzazione, al fine di riformularne una nuova che vada proprio nella direzione tanto auspicata da associazioni e dipartimento universitario, di ridurre per quanto possibile in area protetta il carico antropico». Ma come ridurre il carico antropico se ogni giorno anche più di 40 auto, tutt’altro che ecologiche e silenziose, cui si aggiungono anche le vetture di coloro che sono autorizzati per vari scopi, raggiungono il cuore del Parco dell’Etna? «L’idea – afferma Caputo – è quella di istituire un servizio navetta con due pulmini ibridi che siano gli unici mezzi autorizzati a spostarsi sulle piste forestali (unica deroga per i mezzi delle forze di polizia).
Passiamo dalle 40 auto al giorno a due con sbarre e sistemi di controllo elettronici. Il nostro interesse è quello di non danneggiare l’ambiente. Insomma, riduzione dei mezzi motorizzati e monitoraggio in area protetta. «Siamo aperti al confronto ma senza pregiudizi – conclude Caputo. – L’unico interesse è fare in modo che tutela e fruizione siano binomio delle politiche del Parco». Già, tutela e fruizione: un connubio che in questi anni è sembrato difficile, come se l’uno escludesse l’altro. Sull’Etna, infatti, soprattutto in parti di zona “B” un tempo, come dimostrano i terrazzamenti, c’erano splendidi vigneti. L’uomo fruiva il territorio, lo coltivava e lo impreziosiva. Chissà perché alcune di quelle stesse zone oggi sono lande desolate, con ruderi di vecchi palmenti che nessuno restaura e che rischiano di scomparire. Fonte “La Sicilia” del 11-04-2022