Le staminali possono riparare il cuore dai danni dell’infarto. E’ quanto emerge da una recente scoperta che contempla l’infusione di cellule staminali per rigenerare il l’organo cardiaco. Quando pensavamo di conoscere le cellule staminali, ecco che tutto viene rivoluzionato da un gruppo di ricercatori. Si pensi agli attuali trial clinici, per esempio, i quali prevedono ad oggi che le cellule staminali vengano iniettate nel sangue; invece il nuovo studio dimostra che devono essere inoculate nel tessuto cardiaco, vicino alla regione colpita dall’infarto. Questo ulteriore passo segnerebbe una svolta significativa, se consideriamo che le malattie cardiache sono una delle prime cause di morte nel mondo, con una stima di circa 17 milioni di trapassi all’anno. Sono tantissimi i pazienti di tutto il mondo sottoposti a sperimentazioni che prevedono l’infusione di cellule staminali per rinnovare il cuore; però i risultati finora ottenuti sono contrastanti tra loro. Il motivo? Da quanto emerge da questa nuova scoperta, potrebbe essere riconducibile alla lettura errata del meccanismo con cui agiscono le staminali; su questo argomento è in corso, già da tanti anni, un dibattito molto vivo nella comunità scientifica. La scoperta si deve al dott. Jeffery Molkentin, biologo cardiovascolare del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, in Ohio, ed alla sua èquipe; secondo il ricercatore le cellule staminali cardiache attivano un sistema di guarigione in grado di riparare il cuore. Ma la vera notizia sta in quello che si è scoperto in seguito; e cioè che iniettando le cellule staminali nei topi si provoca una infiammazione acuta, che porta ad una risposta paragonabile a quella della guarigione di una ferita. In tal senso, l’infiammazione, se richiamata in un cuore offeso da infarto, può riparare l’organo attraverso l’insediamento delle cellule nella sede della lesione. In poche parole, una infiammazione pilotata verso la guarigione.
Molkentin si è soffermato sulle difese immunitarie, campo nel quale particolare importanza hanno le cellule denominate macrofagi, che facilitano la riparazione del tessuto connettivo della zona lesa del cuore, incrementandone la funzione. Inoltre, ha dimostrato che questa azione riparatrice si può anche avere utilizzando una particolare sostanza che stimola il sistema immunitario, pure in assenza di staminali biologicamente attive. A convalidare ulteriormente la teoria, secondo la quale la terapia ricava la sua efficacia dalla risposta immunitaria, è l’esperimento dell’équipe del dott. Molketin che dimostra come, inoculando nei topi pezzetti di cellule morte, si ha il miglioramento della funzione cardiaca; così viene scartata definitivamente l’ipotesi avanzata da altri studiosi, secondo cui i vantaggi terapeutici erano legati alle cellule staminali che si diversificavano, che si trasformavano in cellule del muscolo cardiaco, prendendo il nome di cardiomiociti.
Molkentin e collaboratori stanno già pensando ad una nuova linea di ricerca, per sperimentare altre sostanze simili a quella risultata salutare e sviluppare nuove strategie per avviare altre possibilità curative dei macrofagi, facendoli puntare direttamente nel cuore malato. Questi risultati potrebbero essere utili per i ricercatori interessati a portare avanti le cure con le cellule staminali per malattie come l’osteoporosi, quelle neurodegenerative così da focalizzare l’attenzione su quello che è il ruolo delle cellule immunitarie nel corpo umano. Infatti, secondo alcuni ricercatori di Washington, stando a quello che emerge dai loro studi, le cellule staminali possono avere un ruolo inestimabile per il trattamento delle malattie cardiovascolari; da loro ricerche nelle scimmie, si evidenzia come i cardiomiociti prodotti dalle cellule staminali embrionali dell’uomo favoriscano la ricostruzione del muscolo cardiaco con insufficienza cardiaca. Pur vero è che l’interesse per le terapie con le cellule staminali potrebbe subire un certo scostamento perché queste sono dispendiose da creare e i tempi di attesa sono lunghi; infatti per utilizzarle bisogna ottenere il consenso delle società regolatrici. Maria Pia Risa Fonte “La Sicilia” del 23-06-2020