Non sono bastati 25 anni, a fare luce sulla strage della famiglia Spartà, avvenuta a Randazzo il 22 gennaio 1993, all’interno del loro ovile. Quella mattina Antonio Spartà, 57 anni, Pietro Vincenzo, di 27 e Salvatore, di 20 anni, furono uccisi con dei colpi di lupara e, a oggi, gli assassini, non hanno ancora un nome. Infatti, nonostante le varie perizie abbiano confermato che a colpire fu un commando di 4 o forse anche più persone, con i colpi sparati da diverse angolazioni fino ad ora, due sole persone sono state indagate per l’omicidio plurimo, con un processo concluso con un’assoluzione e una condanna all’ergastolo. Un ricordo organizzato dal Circolo scolastico “Don Milani” di Randazzo, voluto fortemente dalla dirigente Rita Pagano, che ha ringraziato personalmente tutti i partecipanti. Presenti il sindaco, Michele Mangione, il prefetto Vincenzo Panico, commissario per le vittime di Mafia, il sostituto procuratore Assunta Musella, il viceprefetto Enrico Gullotti, e i rappresentanti della Fai – Antiracket Sicilia, Tano Grasso e Renzo Caponnetti. Presenti anche rappresentanti delle forze dell’ordine. «Dal 31 dicembre ho perso anche la speranza – dichiara una commossa Rita Spartà, che in questi anni ha portato avanti una battaglia contro l’omertà – sono passati 25 anni, tra dolore, paura, ma soprattutto la speranza che i colpevoli fossero scoperti. Ora ho perso anche quella. Io la verità la conosco, lo sanno tutti quello che è accaduto, negli anni ho portato avanti la mia battaglia, ma non ho avuto giustizia. «Ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicini – conclude – in anni difficili in cui ho indicato gli uomini che ci vessavano, con onore e a testa alta, ma ad oggi aspetto ancora giustizia». «E’ inammissibile – dichiara Tano Grasso – che in un paese di diecimila abitanti, in cui tutti si conoscono, che gli assassini degli Spartà siano in giro, frequentino le stesse piazze, gli stessi bar e forse anche le stesse chiese dei familiari delle persone uccise. E’ inammissibile che Rita Spartà, qualche anno indietro, abbia dovuto mettere un’inserzione a pagamento sui giornali per chiedere ai cittadini che sapevano di parlare, per stracciare un muro di omertà che a distanza di 25 anni è ancora alto. Una strage avvenuta non per estorsione – conclude Grasso – ma perché il padre di Rita osò contestare in piazza il boss che gli aveva chiesto il pizzo. Per questo gli Spartà furono uccisi, per avere sfidato apertamente chi chiedeva di piegarsi». «Chiedo scusa a mio padre, a Pietro Vincenzo e a Salvatore – conclude Rita Spartà – perché nonostante gli anni trascorsi, non sono riuscita a darvi giustizia». LUIGI SAITTA Fonte “La Sicilia” del 23-01-2018
LA STORIA – UN CASO DI INTERESSE NAZIONALE GRAZIE ALLA TV
Era il 22 gennaio del 1993 quando Antonino Sparta e i suoi 2 figli Pietro e Salvatore furono uccisi a colpi di fucile all’interno del loro ovile in contrada Statella. Secondo la ricostruzione di allora, quando i pastori arrivarono all’ovile, a bordo della loro Fiat 128, trovarono diversi sicari nascosti pronti a fare fuoco con dei fucili caricati con i pallettoni usati per la caccia al cinghiale. A dare l’allarme furono la moglie e le figlie, preoccupate del loro ritardo. Un triplice omicidio che rimase impunito per tanto tempo. Solo quando nell’aprile del 1997, Rita Spartà, figlia e sorella delle vittime, intervenne al “Maurizio Costanzo Show” il caso divenne di interesse nazionale. Alla sua denuncia si aggiunsero le testimonianze di alcuni pentiti, ma a pagare fino a oggi è stato soltanto uno, Oliviero Sangani, condannato all’ergastolo. I familiari dei pastori uccisi però sono convinti che al delitto presero parte anche altra persone. E così la loro battaglia di giustizia continua. GAETANO GUIDOTTO Fonte “La Sicilia” del 23-01-2018