Il processo canonico nei riguardi di don Vincenzo Calà Impirotta, accusato di avere tentato più volte e in luoghi diversi di abusare sessualmente tra il 2004 e il 2005 di un allora minorenne, «si è concluso giudicando non colpevole il sacerdote perché non consta che egli abbia compiuto il delitto». È lo scarno comunicato della Diocesi di Acireale che ieri ha fatto esplodere di gioia quella parte di Randazzo che ha sempre creduto nell’innocenza di padre Enzo, fino al 2014 parroco della Basilica di Santa Maria. Tanti i fedeli, infatti, che in questi anni hanno pregato e tifato per padre Enzo. Fedeli che ieri si sono come liberati da un peso che da 5 anni opprime l’intera parrocchia, ovvero da quel 5 luglio del 2014, quando l’intera comunità apprese che l’arciprete Enzo Cala Impirotta, che oggi ha 53 anni, era stato condannato a quattro anni di carcere.
Il gup Flavia Panzano, infatti, giudicando l’arciprete con il rito abbreviato, lo aveva ritenuto colpevole di aver tentato di usare violenza sessuale dei confronti di un giovane che ai tempi aveva 17 anni. Nel dispositivo il giudice aveva anche stabilito l’interdizione del parroco dai pubblici uffici per cinque anni e in maniera perpetua «da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela e da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni frequentate prevalentemente da minori». La denuncia contro padre Enzo era stata presentata nel febbraio del 2009, quando lo stesso giovane, divenuto maggiorenne, ha deciso di rivolgersi alla Procura di Catania. Agli investigatori il ragazzo ha raccontato di essere stato vittima di molestie. Accuse che padre Enzo comunque ha sempre negato proclamandosi innocente. A giugno scorso la Cassazione aveva annullato, senza rinvio, la sentenza di condanna per prescrizione dei reati. Ora come allora nell’attesa che vengano depositate le motivazioni, padre Enzo rimane in silenzio. Parla invece, senza nascondere gioia e soddisfazione, padre Domenico Massimino, attuale parroco della basilica di Santa Maria di Randazzo: «Grande compiacimento per questa sentenza. Il vescovo con il suo decreto ha espresso la conclusione del lavori che il Tribunale ecclesiastico ha svolto con minuziosa attenzione, volto in maniera obbiettiva ad approfondire i fatti. La conclusione, che sancisce la totale innocenza di padre Enzo, rendere felici noi, la Diocesi di Acireale e tutta Randazzo. Adesso padre Enzo può riprendere l’esercizio del suo ministero senza limitazioni».
Il Tribunale ecclesiastico opera in maniera autonoma rispetto a quello penale: «Si tratta di due ordinamenti giuridici distinti – afferma Antonio Mandara, nipote di padre Enzo e studente di Giurisprudenza -. Nella fattispecie per questo caso è stato costituito un collegio giudicante composto da tre giudici. Per la nostra famiglia oggi è un giorno di grande gioia. Questa storia dagli aspetti amarissimi ci ha regalato anche tante gioie, a cominciare dalla costante vicinanza e solidarietà e dalla testimonianza della città che non ha mai creduto alle accuse». E in parrocchia, infatti, non si nasconde la soddisfazione: «Da sempre ribadiamo l’innocenza di padre Enzo. – afferma Nuccio Rizzo, segretario del Consiglio pastorale della Basilica di Santa Maria –. So che i giudici del Tribunale ecclesiastico hanno sentito tutte le parti interessate, approfondendo i fatti. Questa sentenza per la parrocchia e per i randazzesi è certamente motivo di gioia. Finalmente – conclude – la verità è venuta a galla». Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 12-10-2019