A chiederla è Rita Spartà, figlia e sorella dei tre pastori uccisi 20 anni fa nel Comune Etneo
“Dalle carte processuali si evince chiaramente che il commando che ha massacrato mio padre e i miei fratelli, di cui uno appena diciannovenne, furono almeno 5, ma forse anche 9 o 10 a sparare, ma finora, a distanza di 20 anni dalla strage, due sole persone sono state processate, uno completamente assolto, e l’altro condannato all’ergastolo ma che in questi giorni ha chiesto e ottenuto la revisione del processo con tre nuovi testimoni a supporto del suo alibi. Ciò vuol dire che ancora degli assassini sono in giro, tra di noi, e che non hanno ancora saldato il loro debito con la giustizia”. Sono le parole forti, gridate da Rita Spartà, la familiare che da 20 anni combatte una sua guerra personale per ottenere giustizia, una giustizia lenta o a volte inesistente, e che dovrebbe tutelare i cittadini e molte volte non riesce a farlo. Un tema scottante, quello dell’incontro avvenuto ieri nella Sala Consiliare del Comune di Randazzo, organizzata dalla Fai, Federazione delle Associazioni Antiusura e Antiracket, con in testa il suo presidente Tano Grasso che ha fortemente voluto questo incontro. Dopo i saluti del Sindaco, Ernesto Del Campo, che si è detto felice di potere ospitare questo evento, ricordando la grave tragedia che ha colpito il paese 20 anni prima, con un grave atto di barbarie e crudeltà senza precedenti nella zona. “Quanto avvenuto – ha detto il sindaco – và ricordato e riportato come esempio per i giovani, che devono credere nella giustizia, e non avere paura di denunciare e reagire per cambiare il modo di pensare e di vivere, battendo l’omertà e tutto quello che poi ad esso si collega, in primis la paura di denunciare. Nel 93 uscivamo da una guerra di mafia pesante, con gli assassini di giudici e poliziotti, ma proprio da quei avvenimenti si è svegliata una nuova coscienza civile che ha portato linfa vitale alla legalità, vincendo molte battaglie contro la mafia ”. Forti anche le parole di Tano Grasso, che in primis ha salutato tutti i rappresentanti delle Associazioni antiracket giunti a Randazzo da diverse parti della Sicilia. “Un omicidio importante per l’antiracket – ha spiegato Grasso – non solo perché Spartà era un imprenditore, ma perché, mentre la storia e la ribellione degli Spartà è venuta fuori, in giro ci sono ancora decine di persone vittime di mafia di cui non si conosce nemmeno l’esistenza. Il caso Spartà è stata un’eccezione, questo grazie alla figlia, moderna Antigone, per l’accanimento e la rabbia portati avanti in questi anni per ottenere giustizia per la sua famiglia. Non vendetta, attenzione, ma giustizia. Per questo, Rita Spartà, ha avuto anche reazioni ostili da parte dei suoi stessi cittadini, e della comunità a cui appartiene. Tutt’oggi non è ancora chiaro come è avvenuto l’omicidio, con 3 pastori uccisi, ma un solo condannato all’ergastolo, e ancora oggi altri assassini che hanno partecipato all’agguato, sono liberi e girano tranquillamente per il paese. Antonino Spartà, ha avuto il coraggio di sfidare apertamente i suoi aguzzini, un atteggiamento che ha pagato con la vita, venendo anche isolato e lasciato solo da tutti. Se a quei tempi altri come loro si fossero uniti e ribellati insieme, denunciando le estorsioni, forse oggi la storia sarebbe stata diversa”. Breve intervento anche del Prefetto di Catania Francesca Cannizzo, che ha voluto portare il suo saluto e la sua solidarietà per questa triste vicenda. Quella degli Spartà – dice l’avvocato Franco Pizzuto che ha seguito tutte le procedure processuali per conto dell’Antiracket – è una vicenda molto particolare, infatti dagli atti processuali si evince chiaramente che il commando era composto da almeno 8-9 persone. Ma solo 2 sono stati processati, con una condanna e una assoluzione. Gli Spartà hanno sfidato apertamente in piazza i loro aguzzini, ma nessuno ha visto nulla nè ha dato indicazioni precise per fare ripartire le indagini. E nei processi conclusi, è certa la presenza di altri uomini in un agguato preparato e studiato nei minimi particolari, avvenuto con una programmazione certosina e una partecipazione di più persone. Ora la Comunità di Randazzo, deve uscire nuovi spunti, o verità finora taciute per scoprire chi ha compiuto questa strage e fare pagare colpevoli rimasti impuniti, compresi eventuali mandanti, per riaprire un caso che non è mai stato trattato come si avrebbe dovuto”. E’ stata poi la volta del Procuratore Giovanni Salvi, Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania: “Appena ieri – ha esordito il dott. Salvi – è stata resa nota la notizia dell’arresto del commando che oltre 21 anni fa, a Vittoria, ha ucciso in un bar del luogo tre presunti appartenenti ad un clan locale, e due avventori del bar, vittime innocenti. Questo nonostante i tanti anni i cui i colpevoli non erano stati trovati. La famiglia Spartà, è rimasta sola dopo la strage, non come ora che ha al suo fianco il Sindaco ed il Prefetto, massimi rappresentanti locali dello Stato. In questi anni la giustizia ha fatto passi da gigante, con la cattura di diversi latitanti e personaggi malavitosi di spicco. Il solo Messina Denaro è rimasto latitante. Ciò per dire che se la giustizia a volte arriva in ritardo, è colpa di procedure lente e molto ampie che hanno necessità di diversi anni per essere terminate. Questo và sicuramente cambiato, accorciando i tempi soprattutto per aiutare in tempi celeri, chi subisce racket ed estorsioni. E bisogna costruire un clima di fiducia e solidarietà verso la giustizia”. Poi è stata la volta di Rita Spartà, che ha ricordato i suoi venti anni di lotte ringraziando tutti i partecipanti e le persone che ha avuto al suo fianco in questi anni. “Sono stata spinta da mia madre e da mia sorella a iniziare questa lotta, e ho deciso di chiedere giustizia e verità per quanto avvenuto. Una sola persona condannata per l’omicidio di tre pastori, colpiti con dei pallettoni, non con un mitra, diversi colpi sparati in quel giorno, io stessa li ho visti, e questo non poteva essere opera di una sola persona. Ricordo ancora le urla di mia madre, l’odore della polvere da sparo e del sangue della mia famiglia, l’arrivo delle luci blu dei carabinieri, e nonostante tutto ogni giorno ho il coraggio di vivere e cercare la verità, nel pensiero di quella sera in cui 3 uomini, di cui uno appena ragazzino di 19 anni, furono condannati a morte, e 3 donne all’ergastolo, ergastolo che viviamo tutt’ora. Io e la famiglia Spartà, al contrario di quel che si dice, non abbiamo condannato nessuno, l’unico condannato è stato dichiarato colpevole in nome del popolo Italiano, e in nome dei cittadini onesti. Ora gli ergastolani si riuniscono in associazione per chiedere di togliere l’ergastolo e le pene severe, stanno male, ma loro vedono i propri figli, anche se ogni tanto, ci parlano, a me e alla mia famiglia tutto questo è stato negato, e noi, non siamo separati dai nostri cari da delle sbarre, ma da uno spesso strato di marmo tombale. Noi siamo stati privati dei nostri affetti, e persino malvisti perché ritenuti accusatori di persone innocenti. Io ho perso il padre e 2 fratelli di cui uno appena ragazzo, e purtroppo il dolore non è come i reati, infatti non cade in prescrizione”. Applauditissime le ultime e sentite parole di Rita Spartà, con la platea in piedi visibilmente emozionata. Infine la parola è passata al Prefetto Elisabetta Belgiorno, Commissario Nazionale Antiracket, la quale ha ringraziato per l’invito avuto. “Sono qui – ha dichiarato – a testimoniare il dolore e la grande combattività portati avanti da una donna che 20 anni fa era solo una ragazza privata di alcuni importanti pezzi della famiglia, sottraendogli la dignità, punendoli perché hanno avuto il coraggio di ribellarsi e di combattere, pagando con la loro vita la ricerca della libertà. Gli Spartà, allora. sono stati isolati, perché hanno alzato la testa opponendosi al sistema in uso senza tacere, cercando di mostrare la verità, ma sono stati lasciati soli. Io oggi mi onoro di portare avanti un grande compito, e lo faccio seguendo diverse direzioni, con iniziative di prevenzione, portati avanti anche grazie ai Pon Sicurezza, per dare chiari esempi ai giovani. C’è ora una diversa consapevolezza, sia tra i commercianti, sia tra le forze di polizia. Sono aiutate dall’associazionismo che deve molto a Tano Grasso, creatore dell’antiracket. E una lode, per quanto ha fatto, và a Rita Spartà, che ha fatto di tutto per fare conoscere a tutti la loro amara storia e la solitudine in cui sono stati lasciati. Mi impegnerò per cercare di ridurre i tempi morti, con risposte più celeri alle vittime di usura ed estorsione, persone spesso lasciate sole sia personalmente che economicamente. Se invece lo Stato aiuta queste persone, saranno più convinte a denunciare chi commette estorsioni e reati”. Infine chiude lo stesso Tano Grasso, che conclude: “Mi metto a completa disposizione sia per aprire anche a Randazzo una sede dell’Associazione Antiracket, sia per andare a portare le nostre esperienze e testimonianze nelle scuole, per avere un confronto diretto con i giovani e farli diventare gli ottimi cittadini di domani”. All’incontro erano anche presenti il Comandante Provinciale dei Carabinieri, Ten Col. Giuseppe La Gala, diversi Assessori e Consiglieri del Comune di Randazzo, il Sindaco di Bronte Pino Firrarello, e tutte le autorità civili, militari ed del Clero del Comune di Randazzo. Tra cui i rappresentanti di Polizia Stradale, Carabinieri, Polizia Municipale e Corpo Forestale.
LA REDAZIONE
NELLA GALLERIA LE FOTO E GLI ATTI PROCESSUALI A CURA DELLA FAI