Un furto coperto da uno strano alone di mistero, quello compiuto nella Chiesa del Sacro Cuore di Randazzo. I ladri la notte fra il 28 ed il 29 aprile sono entrati all’interno della sacrestia portando via la cassaforte che conteneva diversi preziosi. A lanciare l’allarme, l’indomani, è stato don Piergiorgio Rasano, da appena una settimana nominato amministratore parrocchiale dal vescovo di Acireale, Antonino Raspanti. I carabinieri di Randazzo stanno indagando a 360 gradi, ma hanno rivolto particolare attenzione sul modo in cui i ladri sono entrati in sacrestia. Da una prima ricostruzione, infatti, sembrerebbe che questi abbiano forzato la saracinesca del garage posteriore per poi impadronirsi della cassaforte che custodiva dei candelabri, utilizzati anche nella chiesa di Montelaguardia, degli ex voto, 2 ostensori e 2000 euro in contanti. Quando i carabinieri sono arrivati hanno trovato la saracinesca semi aperta e 2 lunghe leve di ferro lasciate per terra, come se fossero servite per alzare di forza la saracinesca e poi abbandonate in fretta e furia dai ladri. Ad insospettire i carabinieri il fatto che nessun segno di forzatura appare nella saracinesca ed il motore elettrico e l’intero kit elettrico, nonostante la forzatura, non abbiano subito guasti. Per gli investigatori il dubbio che i ladri avessero già le chiavi e che la forzatura della saracinesca sia solo una simulazione è forte. Inoltre, con la cassaforte, è stata portata via anche la chiave che era custodita in un altro posto della sacrestia. Ma quello che insospettisce di più gli investigatori è il fatto che il sistema di allarme della sacrestia sia stato disattivato semplicemente con la sua chiave. L’ipotesi quindi è che chi ha agito lo ha fatto con una copia delle chiavi. Per questo tutti coloro che sono in possesso delle chiavi nei prossimi giorni saranno interrogati dai carabinieri che in mano hanno già una piccola prova. Durante i rilievi effettuati in sacrestia, infatti, hanno isolato delle impronte digitali: potrebbero appartenere ai ladri.
L.S. Fonte “La Sicilia” del 03-05-2013