Le giornate del Fai da ieri puntano i riflettori sui luoghi che hanno determinato i “Fatti di Bronte” del 1860. Gli studenti dell’Istituto Capizzi, coordinati dalla dirigente, Grazia Emmanuele, e dalla professoressa Rita Barbagiovannì, partendo dalla Pinacoteca “Nunzio Sciavarrello”, insieme con il responsabile del Gruppo Etna Nord del Fai, Andrea Cerra, fino a questa sera spiegheranno, a tutti coloro che si sono prenotati sul sito fondoambiente.it per effettuare il tour, gli aspetti storici del famoso episodio del risorgimento. A Bronte, infatti, l’arrivo di Garibaldi per il popolo non fu certo la liberazione raccontata per decenni dai libri di storia. Si verificarono episodi di violenza di classe, con Bixio che soffocò la rivolta uccidendo simbolicamente alcuni degli agitatori presi frettolosamente a caso. Un episodio che va spiegato. Per questo ci chiediamo: perché il popolo fu così violento? «Prima dello sbarco dei 1000 – spiega Pino Firrarello, sindaco di Bronte – i brontesi, legati da sempre al lavoro della terra, accettavano mal volentieri l’usurpazione del loro territorio demaniale a favore dell’Ospedale Maggior di Palermo e soprattutto a favore degli amministratori fraudolenti degli eredi di Orazio Nelson. In quel tempo non è errato dire che esisteva uno opprimente stato di vassallaggio che aveva provocato un animato desiderio di rivincita, nella speranza di poter riacquisire i beni perduti».
Ma cosa legavano le terre e le rendite di Bronte all’Ospedale Maggiore di Palermo? «Fu Papa Innocenzo VIII nel 1491 a donare le terre di Bronte in feudo ai rettori dell’Ospedale palermitano. Una donazione che provocò la reazione di questo popolo che intraprese una lotta gigantesca, ma ovviamente impari. L’Ospedale di Palermo imponeva le decime e sequestrava di tutto».
E quando arrivò Nelson la situazione cambiò? «Assolutamente no. La lite continuò anche contro gli eredi di Nelson, i Nelson-Bridport. Anzi la voglia di riscatto delle terre si inasprì e con essa le tensioni sociali, fino a sfociare nei fatti del 1860. I Nelson da perfetti padroni, soggiogavano le masse dei lavoratori chiudendo le vecchie trazzere verso i campi per imporre, con guardiani armati, i diritti di pedaggio».
Beh, allora l’arrivo di Garibaldi che prometteva lo smantellamento dei latifondi e la spartizione delle terre doveva rappresentare il momento del riscatto. Perché non fu così? «Perché Garibaldi non riservò ai brontesi lo stesso trattamento riservato, per esempio, ai palermitani che ebbero restituito il feudo di Bisaquino, in precedenza donato dal re di Napoli ad un suo favorito; anzi i presunti sobillatori della rivolta furono fucilati, onde evitare di compromettere i rapporti con il governo inglese rappresentato dagli eredi di Nelson. Ricordatevi che a Bronte, caduto il regime Borbonico non solo non furono restituite le terre ai contadini, ma non fu neanche abolita la tassa sul macinato che penalizzava i più poveri».
E’ vero anche però che a Bronte prima dell’arrivo di Bixio si verificò un orrendo massacro. I rivoltosi uccisero 16 persone, fra quelli definiti “galantuomini” o i “cappelli”. Più che una lotta contro gli usurpatori è sembrata una guerra civile. «Sì –risponde Firrarello –perché quei civili, che godevano degli affitti dei terreni demaniali illegittimamente annessi dalla ducea, agli occhi del popolo erano concretamente il nemico. Anni di tensione sociale avevano determinato la formazione di due partiti: quello dei “ducali” e quello dei “co – munisti”. Tenete presente –continua- – che se tutti i contadini erano uniti da una parte, non tutti i borghesi erano dall’altra. Fra i borghesi moderati più vicini al popolo, per esempio, c’era l’avv. Lombardo che faceva parte del Comitato di liberazione di Bronte, rivendicando le terre comuni».
Perché per anni questi aspetti sono stati sottratti alla storia raccontata sui libri? «Perché la storia la raccontano i vincitori ed i “fatti di Bronte” rappresenta – vano certamente una macchia. Il capolavoro cinematografico di Florestano Vancini, le giuste considerazioni di Leonardo Sciascia e, permettetemi, il Processo a Bixio che ho organizzato nel 1985, ed oggi il libro del prof. Vincenzo Pappalardo hanno avuto il merito di dare forza alle verità storiche. Il popolo brontese ha preso atto di quando accaduto, ha accolto la pesante eredita e con coraggio e sacrificio si è rialzato unito, fino a costituire quel prezioso tessuto sociale che fanno oggi di Bronte una laboriosa cittadina. Considero il vassallaggio che i brontesi subirono l’ultimo fenomeno buio tipico di un medioevo fatto di usurpazioni e vessazioni». Fonte “La Sicilia” del 27-03-2022