La notizia è così forte da sconvolgere un’intera comunità. La religiosissima Randazzo ieri pomeriggio da tg e dalle notizie che si rincorrevano su internet ha appreso che l’arciprete Enzo Cala Impirotta, di 48 anni, parroco della Basilica di Santa Maria è stato condannato a 4 anni di carcere per un’accusa di quelle che ti segnano la vita fino alla morte. Il Gup Flavia Panzano, infatti, giudicando l’arciprete con il rito abbreviato, lo ha ritenuto colpevole di aver tentato di usare violenza sessuale dei confronti di un giovane che ai tempi aveva 17 anni. Nel dispositivo il giudice ha anche stabilito l’interdizione del parroco dai pubblici uffici per cinque anni e in maniera perpetua «da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela e da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni frequentate prevalentemente da minori». Infine anche un risarcimento provvisionale di 20mila euro. Una condanna dura, frutto di un’accusa che risale al febbraio del 2009, quando lo stesso giovane, divenuto maggiorenne, ha deciso di rivolgersi alla Procura della Repubblica di Catania, denunciando i dei fatti che risalgono al luglio del 2004 fino all’aprile del 2005. Durante questo periodo il ragazzo ha raccontato agli investigatori di essere stato vittima di molestie. Nessuna violenza sessuale completa, ma il ragazzo ha denunciato che una notte dormendo a casa di don Calà, durante il sonno ha percepito «qualcosa sulle labbra» e dopo aver aperto gli occhi se lo è ritrovato ad «un centimetro di distanza dal viso». Altre volte, ha continuato a dichiarare il ragazzo, il sacerdote avrebbe tentato di toccarlo senza riuscirci del tutto, fino all’aprile del 2005, quando durante un viaggio in Israele, dopo l’ennesimo tentativo, il ragazzo ha reagito violentemente. I familiari del parroco dicono che padre Enzo ha sempre negato le accuse e che si proclama innocente. Lo stesso padre Enzo nel maggio del 2010 ha inviato una memoria al Procuratore della Repubblica di Catania, dove specificando di essere venuto a conoscenza da dei parrocchiani che si stava indagando nei suoi confronti, ha fornito agli investigatori una sua versione dei fatti anche sul possibile perché delle accuse nei suoi confronti. Scattata la denuncia, a svolgere le indagini è stato il Commissariato di Adrano che alla fine ha sottoscritto come «seppure non è possibile, allo stato degli atti, determinare se si sia stata effettivamente concretata la fattispecie penale in questione, appare comunque sufficientemente fondata l’ipotesi che don Enzo avesse un attaccamento “particolare nei confronti della vittima”». «Probabilmente il giudice – ha affermato l’avvocato Carmelo Galati che ha difeso padre Enzo – ha ritenuto credibili le dichiarazioni del giovane, anche se a nostro avviso appaiono particolarmente confuse ed approssimative». Per il giudice però nessuna confusione ed ha formulato una sentenza di condanna. Padre Enzo ha fatto sapere che in futuro dimostrerà la sua innocenza, con la sua famiglia che annuncia già il ricorso in Appello. Si attendono di conoscere le motivazioni della sentenza che saranno pubblicate fra 90 giorni. Solo allora si saprà qualcosa di più su una vicenda grave quanto delicata che, oltre ad aver sconvolto l’intera comunità di Randazzo, sembra proprio che non finirà qui. Intanto, il vescovo di Acireale, Antonino Raspanti, ha provveduto a sostituire don Vincenzo che ha rassegnato le sue dimissioni.
Gaetano Guidotto Fonte “La Sicilia” del 06-07-2014