Una vita da leggere e una morte da capire. Francesca Solarino, 35 anni, ha smesso di vivere il 31 dicembre scorso. Se per scelta o per forza, dovranno stabilirlo le indagini dei carabinieri, conoscitive e senza indagati, seguite dal sostituto Francesco Riccio e disposte dal procuratore della Repubblica di Ragusa Carmelo Petralia che ha conferito l’incarico dell’autopsia al medico legale Giuseppe Iuvara. Ieri mattina è stato effettuato un sopralluogo nella casa di via Murri. Lì Francesca Solarino viveva con il marito e il figlio di 11 anni. Lì si è consumata la tragedie. Lì Francesca è morta. Probabilmente soffocata da un sacchetto di plastica dopo avere ingerito una dose consistente di sonniferi o tranquillanti. O forse no. Anche se nel fascicolo dei carabinieri la pista del suicidio rimane privilegiata, le modalità della morte e del ritrovamento del cadavere impongono la necessità di stabilire certezze che al momento gli investigatori sembrano non avere. Nel corso della giornata di ieri sono state acquisite infatti ulteriori testimonianze ed è stata eseguita una prima e sommario ispezione cadaverica. L’esame autoptico sarà eseguito nei prossimi giorni, a conclusione dell’acquisizione delle prove testimoniali. Per gli esiti completi ci vorrà invece il tempo richiesto tecnicamente dagli accertamenti sui tessuti e dagli esami tossicologici. Il figlio con i nonni, il marito con gli amici, Francesca sola a casa. E’ L’ultimo giorno dell’anno e la circostanza è il preludio dell’ultimo giorno di vita della donna che al contrario della serena e sorridente apparenza regalata al mondo che la circondava, nascondeva un momento sicuramente difficile e tormentato. A confermare una sofferenza diventata probabilmente ingestibile, ci sarebbero le pagine scritte da Francesca ad ognuno dei suoi cari. Parole e sentimenti di carta accumulati in un lasso di tempo che ha deteriorato rapporti e logorato pensieri. Una sorta di diario, un saluto, una spiegazione che magari possa aiutare chi resta a capire perchè Francesca abbia scelto di andarsene. Senza capire che il vuoto di un’anima non si colma e il dolore non passa. Se così fosse, nessuno avrebbe il diritto di entrare nell’intimità di Francesca e della sua famiglia. Il silenzio assoluto che lei ha cercato con determinazione, impone comunque rispetto e non è di alcuna utilità pubblica. Ma non sempre le parole hanno un senso e non sempre i propositi trovano attuazione. Quindi il dubbio, anche se minimo, impone che omicidio o suicidio non abbiano punti interrogativi. Molti dei quali sono stati sollevati dalle urla e dal litigio sentito dai vicini che hanno visto il marito uscire di casa e allontanarsi con l’auto. Dalle 20,30 del 31 dicembre all’una dell’1 gennaio 2016 quando il marito è rientrato a casa, Francesca ha sicuramente telefonato o parlato con qualcuno che aiuterà gli investigatori a capire l’ora della morte. Un dato determinante per le indagini ma difficile da stabilire con esattezza considerati i tempi di esecuzione dell’autopsia rispetto al momento del ritrovamento del cadavere. Anche se il tentativo di rianimazione eseguito dai sanitari dell’ambulanza del Pte di Pozzallo, arrivata dopo quella del servizio 118 non medicalizzata e quindi senza medico a bordo, sarebbe durato circa 20 minuti lasciando intuire che Francesca aveva ancora un filo di vita. E’ il medico del Pte a certificarne il decesso sotto gli occhi inebetiti del marito. Gli operatori sanitari saranno sentiti oggi. Franca Antoci Fonte “La Sicilia” del 04-01-2016