L’endocrinologia, grazie alle continue scoperte delle delicate funzioni svolte dalle ghiandole nell’organismo umano, negli ultimi decenni è stata oggetto di sempre maggiore interesse. Sulle patologie endocrinologiche, in Sicilia e in particolare nella zona etnea, abbiamo sentito il prof. Matteo Angelo Cannizzaro (nella foto), direttore della Uoc di Endocrino-chirurgia dell’Azienda ospedaliera universitaria Policlinico-Vittorio Emanuele di Catania. Quali sono le malattie della tiroide più diffuse in sicilia? «In Sicilia, soprattutto nell’entroterra, prevale una endemia gozzigena, la cui causa è riconducibile alla carenza iodica ambientale. Il fabbisogno giornaliero di iodio è di 150 mcg. A fronte di una media regionale di 12-13 nuovi casi di carcinomi tiroidei su 100 mila abitanti, nell’area catanese si registrano 30 nuovi casi sullo stesso campione considerato. I tumori maligni della tiroide sono molto diffusi, rappresentano il 3-4% di tutte le neoplasie umane e prediligono le donne tra i 40 e i 60 anni, con una incidenza tripla rispetto agli uomini. Tuttavia la sopravvivenza per patologia maligna è molto elevata, oltre il 90% a 10-15 anni dalla diagnosi se la terapia è stata corretta».
E’ vero che in qualche modo l’Etna influisce? «Più studi hanno dimostrato che la maggiore incidenza dei carcinomi tiroidei nella zona orientale è legata all’attività vulcanica. Responsabili sono le sostanze tossiche sospese nel particolato del materiale piroclastico che si depositano nelle colture dei vegetali e negli alimenti degli animali e, inoltre, contaminano le falde acquifere». «Anche ricerche dell’Università di Catania correlano il carcinoma tiroideo all’Etna con una prevalenza di donne, mentre accertano che la neoplasia più frequente è il carcinoma papillifero, il quale presenta alterazioni genetiche (Braf) che si associano ad una maggiore aggressività della neoplasia». Se e quanto incide nell’insorgere della malattia il fattore genetico? «La genetica è molto importante in quanto può condizionare l’insorgenza delle varie tireopatie. Si possono ereditare difetti della ormonogenesi tiroidea e ciò spiegherebbe la maggiore tendenza al gozzo in alcune famiglie oppure la possibile familiarità per il carcinoma papillifero, o del carcinoma midollare della tiroide. Per esempio, le tiroiditi autoimmuni possono essere caratterizzate da una familiarità a linea prevalentemente femminile. La componente genetica può rappresentare il terreno predisponente su cui i fattori ambientali intervengono». Fondamentale è, come per ogni malattia, la prevenzione. Che cosa significa prevenzione, nelle malattie tiroidee? «Alla base di ogni prevenzione c’è sempre lo stile di vita. La prevenzione si può effettuare con una ecografia tiroidea. Per prevenire sia il gozzo che le neoplasie tiroidee è importante attuare una iodoprofilassi con sale iodato che troviamo nei supermercati, sale da mescolare con quello normale. Bisogna anche esporsi il meno possibile a radiazioni ionizzanti (indagini diagnostiche Tac (tomografia assiale computerizzata), indagini medico-nucleari e radioterapia del distretto cervico-mediastinico). Ridurre l’impatto delle sostanze che, inquinando il terreno, possono interferire mediante l’alimenta – zione nel metabolismo cellulare tiroideo e quindi creare l’inizio di un meccanismo di trasformazione oncologica delle cellule tiroidee». «Tutto ciò per evitare che una tireopatia nodulare gozzigena o una neoplasia benigna o maligna, che non risponde alla terapia farmacologica, permanga nel tempo, perché può trasformarsi in carcinoma anaplastico». «Per fare il punto sulle ricerche circa la prevenzione e la diagnosi precoce della tireopatia si realizza ogni anno la “Settimana mondiale della tiroide” che deve essere particolarmente indirizzata alle donne in età fertile».
Da chirurgo, quando consiglia ai pazienti di sottoporsi all’intervento? «In presenza di patologia neoplastica maligna accertata o quando la terapia farmacologica non sortisce gli effetti clinici desiderati. Un particolare ausilio al trattamento è rappresentato dalla terapia radioiodio metabolica». Quali sono le maggiori novità in questo campo? «Sempre più frequentemente, nella chirurgia tiroidea, si ricorre alle tecniche mini-invasive e, in casi selezionati, alla chirurgia robotica e alle tecniche trans-orali. Esiste, altresì, la possibilità di tecniche alternative (termoablazione con radiofrequenza o laser e alcolizzazione)». «Ci sono anche novità farmacologiche sul trattamento del carcinoma tiroideo, le cosiddette terapie a bersaglio molecolare, come ad esempio i farmaci inibitori della tirosin-chinasi. Per una terapia ottimale delle tireopatie si deve optare per una medicina personalizzata; mentre, in tema di prevenzione, il massimo auspicio è quello di ridurre l’inquinamento ambientale nei suoi vari aspetti laddove possibile». MARIA PIA RISA Fonte “La Sicilia” del 27-10-2019