La mortalità provocata dai tumori, in Italia e nel mondo, è ancora molto alta, nonostante i progressi nel campo preventivo e in quello delle terapie. La radiodiagnostica registra notevoli passi avanti con la Diffusion Whole Body (un esame eseguito con una risonanza magnetica molto avanzata). Ne parliamo con il dott. Giuseppe Petralia (nella foto), 42 anni, acese, direttore dell’unità di imaging di precisione e ricerca all’Ieo (Istituto europeo di oncologia) di Milano.
Dottore Petralia, che cosa è e perché si chiama così la (Dwb) Diffusion Whole Body? «”Diffusion” si riferisce a una tecnica di risonanza magnetica sensibile alla diffusione delle molecole di acqua. In presenza di un tumore, la diffusione delle molecole d’acqua è inferiore a causa della elevata densità delle cellule tumorali e, per questo motivo, con la tecnica “Diffusion” siamo in grado di identificarli più facilmente. “Whole body” si riferisce al fatto che applichiamo questa tecnica a tutto il corpo per una valutazione complessiva».
Come funziona e quanto dura l’esame? «Non è richiesta una preparazione particolare (digiuno o assunzione di farmaci). Il paziente deve solo sdraiarsi sul lettino della Rm (risonanza magnetica) per circa 40 minuti ascoltando musica nelle cuffie. Dopo l’indagine, i pazienti possono riprendere subito le loro attività».
Chi può sottoporsi a questo esame? «I pazienti oncologici e gli asintomatici. Nei primi la Dwb è raccomandata in alcuni tumori (mieloma multiplo, tumore prostatico e melanomi metastatici) ed è molto utilizzata in altri tumori (mammella, linfomi, colon). Negli asintomatici è eseguita sia in quelli con una documentata predisposizione genetica a sviluppare tumori (sindromi di Li Fraumeni, di Von Hippel Lindau), sia nei soggetti della popolazione generale, in aggiunta agli screening standard (ricerca del sangue occulto nelle feci, psa per gli uomini, mammografia e pap-test per le donne), diventando uno strumento prezioso di diagnosi precoce di tumori altrimenti non diagnosticabili fino alla comparsa dei sintomi».
Con la Dwb che cosa si ottiene in più rispetto alla risonanza tradizionale? E quest’ultima può essere sostituita? «Un bilancio più veritiero dello stato di salute, perché esploriamo l’intero corpo. Si ha un vantaggio doppio: per i pazienti oncologici, perché il tumore può avere una risposta “eterogena” alle terapie; e anche per i soggetti sani, perché si possono valutare più parti del corpo in una sola seduta». «Gli esami di risonanza magnetica tradizionali sono fondamentali. Se un paziente presenta un sospetto tumore prostatico sarà sottoposto all’approfondimento mirato del singolo organo, in questo caso la “tradizionale” Rm multiparametrica della prostata».
Per utilizzare questo macchinario è necessario un radiologo con formazione specifica? «Decisamente sì. Il radiologo interpreta delle immagini, tenendo conto del quadro clinico del singolo paziente. È necessaria l’esperienza generale in campo oncologico e una specifica nell’esame di Dwb».
Per la sanità pubblica, inserire il Dwb nello screening gratuito, cioè nella fase preventiva, non sarebbe meno oneroso rispetto alla cura di un paziente oncologico? «Sono stime complesse, che prevedono molteplici variabili. Tuttavia, l’esperienza ci insegna che curare un tumore di pochi millimetri a volte richiede un ricovero di pochi giorni e spesso non richiede chemioterapia e radioterapia, con netta riduzione di costi diretti e indiretti».
Quali sono, se ci sono, i limiti della Dwb? «I costi elevati, a cominciare dall’acquisto di una macchina Rm adatta a eseguire gli esami Dwb, ma anche per la manutenzione e la messa a punto, che richiedono personale qualificato. Un altro limite è la formazione. Sono necessari una formazione specifica e un “allenamento” continuo».
A parte quello in uso all’Ieo, quanti macchinari di questo tipo ci sono in Italia? «Potenzialmente tutte le macchine Rm di ultima generazione che con alcune migliorie tecniche, potrebbero essere utilizzate per eseguire la Dwb. I centri nei quali viene eseguita sono l’Advanced screening center (Bergamo), Spedali civili (Brescia) e Irst (Forlì)».
Si è verificato che la pratica di questa tecnica ha contribuito a ridurre i casi di mortalità? «Cito un esempio, relativo alla sindrome di Li Fraumeni, che consiste in una predisposizione genetica allo sviluppo dei tumori. I soggetti portatori di questa sindrome, che hanno accettato di sottoporsi a una sorveglianza annuale con Dwb, hanno avuto una netta riduzione della mortalità. Dopo 13 anni, circa il 90% dei soggetti sorvegliati con Dwb era vivo, rispetto al 60% circa di quelli che avevano rifiutato tale sorveglianza».
Si intravede nel campo della radiodiagnostica qualche altra novità significativa? «Molti sforzi scientifici riguardano l’utilizzo sapiente dell’intelligenza artificiale in campo diagnostico. Dietro le immagini che utilizziamo quotidianamente si nasconde una quantità di dati numerici. In alcuni contesti clinici, la conoscenza di questi dati ci ha permesso di curare meglio i nostri pazienti». Maria Pia Risa Fonte “La Sicilia” del 04-04-2020